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Intervista con Che Tempo Che Fa

Intervista con Christine Lagarde, Presidente della BCE, Condotta da Fabio Fazio il 28 Novembre e pubblicata il 7 Dicembre 2021

7 Dicembre 2021

Grazie davvero per avere accettato il nostro invito, è un grande privilegio. Lei è stata la prima donna anche del Fondo monetario internazionale. In passato era stata anche la Presidente globale di uno studio legale importantissimo, la prima donna Ministro delle Finanze di un paese del G7. Insomma, secondo il Forbes, Lei è una delle donne più potenti e influenti del mondo, ma io ho scoperto che in questa Sua vita da record, ce n’è un altro, cioè Lei da ragazza ha fatto parte della Nazionale francese di nuoto sincronizzato. Pure questo! C’è un nesso fra quello che ha imparato attraverso lo sport e quella che poi è stata la Sua vita?

Vorrei dire innanzitutto che sono molto lieta di essere qui con voi, ospite di una trasmissione così nota in Italia, e che sono felice di trovarmi nel vostro paese.

Il legame tra l’attività sportiva e i vari ruoli che ho ricoperto è per me molto chiaro. Penso infatti che lo sport, soprattutto se praticato a livello internazionale, insegni a lavorare. Servono tanto allenamento e molte vasche per raggiungere un buon risultato nel nuoto. Lo sport poi insegna a competere, ad affrontare l’ingiustizia: nel nuoto sincronizzato a volte i punteggi sono molto ingiusti, e ci si vorrebbe ribellare. Ma occorre accettare l’ingiustizia e superarla. Si impara anche molto sul lavoro di squadra, e il nuoto sincronizzato è uno sport di squadra, in cui ci si deve sforzare per se stessi ma anche per gli altri. Quando si realizzano delle figure e tutta la squadra è sott’acqua, l’unica soluzione è dare il massimo per aiutare gli altri. È la squadra che deve trionfare.

Certo, lo sport, soprattutto quello di squadra è una metafora per tanti altri aspetti della vita, una grande palestra per la vita. Signora Lagarde, vorrei con Lei venire proprio al presente. Mi sembra di poter dire che mai come in questa pandemia abbiamo capito, come dice del resto la saggezza popolare, che la salute conta più dell’economia e della finanza. Ecco, che cosa ha insegnato a tutti noi, e anche a chi fa il Suo lavoro, insomma, questo shock planetario? E in che cosa la crisi economica che ne è seguita è diversa in qualche modo da quella che Lei già aveva affrontato nel 2008?

La prima lezione appresa è che siamo tutti interdipendenti. Se non siamo tutti protetti, vaccinati, allora saremo tutti a rischio. L’imperativo collettivo appare quindi evidente. La seconda lezione emersa dalla crisi legata al COVID-19 è che l’uomo, la donna, vengono prima dell’economia, della situazione finanziaria. Da questo punto di vista i politici e i decisori hanno adottato consapevolmente le proprie scelte. Ci si è detti: “Dobbiamo mantenere il livello dei salari, tutelare il reddito, salvaguardare le imprese dinanzi a questa terribile crisi epidemiologica che stiamo attraversando”. È stata questa la profonda differenza rispetto alla crisi finanziaria del 2008 che ho vissuto anch’io e nella quale avevamo agito da subito cercando di salvare il sistema finanziario per evitare la perdita dei depositi.

In Europa a ottobre, l’inflazione però è salita, se non sbaglio, un po’ più del 4%, in Germania ha superato il 5%, in Italia è al 3%, negli Stati Uniti addirittura ha superato il 6%. Insomma, c’è molta preoccupazione. Lei però ha sempre detto di vederlo come un fenomeno temporaneo. Ecco, ne è convinta? Può tranquillizzarci da questo punto di vista?

Sì, credo che l’inflazione oggi sia essenzialmente legata a fenomeni temporanei. Il primo, il più importante, che interessa l’Italia in particolare, deriva dai prezzi dell’energia. Oggi l’aumento dei prezzi in Italia è ascrivibile per circa il 69% ai rincari dell’energia, determinati ovviamente da una domanda elevata, ma anche da problemi geopolitici, climatologici, come ad esempio questioni molto specifiche legate alla manutenzione dei parchi eolici, al calo delle vendite per un certo periodo di tempo, alla sostituzione dell’energia eolica con il gas, la cui domanda è risultata all’improvviso in forte aumento. Può sembrare un po’ complesso, ma tutto ciò spiega in realtà che tali fenomeni non rappresentano aspetti strutturali di lunga durata. Siamo abbastanza certi che scompariranno.

Posso chiederle quando? Quando pensa che scompariranno questi fenomeni?

Nel 2022 assisteremo a variazioni significative a seguito di effetti base, derivanti dal confronto dei prezzi di un anno con quelli dell’anno precedente. Quando gli effetti base verranno meno, quindi, l’inflazione rallenterà. Il secondo elemento è costituito dall’incontro tra domanda e offerta. Cosa osserviamo oggi? Dopo il periodo della pandemia, durante il quale le persone sono rimaste a casa senza la possibilità di effettuare acquisti, abbiamo assistito a quella che viene chiamata domanda di recupero. Da un giorno all’altro è emersa la voglia di acquistare, usufruire di servizi, fare le vacanze a cui avevamo dovuto rinunciare. A fronte di questa domanda di recupero, non c’è stata un’offerta delle stesse proporzioni. Per questo motivo oggi abbiamo carenza di container, di navi, di servizi portuali, di autocarri e conducenti per il trasporto delle merci. Questa fase economica è destinata a esaurirsi in quanto la domanda e l’offerta si riaggiusteranno. Non avremo per sempre l’esigenza di recuperare le opportunità perse durante la pandemia.

Signora Lagarde, l’obiettivo di inflazione fissato dalla Banca Centrale è del 2%. Ci spiega perché proprio il 2%?

Cercherò di rispondere in parole semplici, nonostante la complessità dell’argomento. In primo luogo, va osservato che le banche centrali di tutto il mondo hanno definito l’obiettivo della stabilità dei prezzi pari a circa il 2% di inflazione. In Europa abbiamo deciso che bisognava essere chiari, precisi, e abbiamo pertanto fissato il nostro obiettivo al 2%. Non al 2% circa, ma proprio al 2%. Per quale motivo? Innanzitutto, perché all’interno dell’Unione europea ci sono paesi che si muovono a velocità diverse. Come diceva lei, la Germania ha attualmente un tasso di inflazione più elevato rispetto all’Italia, per cui l’utilizzo di un tasso medio consente in qualche misura di compensare. In secondo luogo, a fronte di una crisi, è necessario disporre di un certo margine di manovra per poter reagire. Se il livello dell’inflazione fosse sempre allo 0%, non avremmo alcun margine di manovra. Noi banchieri centrali saremmo privi degli strumenti necessari per rispondere alla crisi e contribuire alla ripresa delle economie. In terzo luogo, siamo consapevoli del fatto che l’osservazione dei prezzi non è perfetta e che per correggere tale imperfezione bisogna disporre di un margine di manovra. La quarta ragione, spesso richiamata da Alan Greenspan, il grande banchiere centrale americano, ora non più in carica, è che “fino al 2% in realtà non percepiamo l’aumento dei prezzi”. E poi, da ultimo, la presenza di un margine di manovra serve anche ai sindacati per negoziare gli aumenti salariali. Per tutte queste ragioni il 2% è definito a livello mondiale come stabilità dei prezzi.

Sempre da questo punto di vista, cioè sulla politica della Banca centrale europea, gli economisti, quando Lei ha preso il timone della Banca, erano convinti che la politica espansiva della Banca Centrale avesse toccato il limite. Lei invece ha detto che tale politica non ha limiti. Ce lo può confermare? È ancora oggi così?

Nel marzo del 2020, quando la pandemia di COVID-19 ha scosso tutti e ha colpito gravemente le nostre economie, abbiamo deciso di intervenire con forza e riaffermare l’impegno senza limiti a favore dell’euro. Perché l’abbiamo fatto? Perché la missione della Banca centrale europea è essere custode dell’euro e assicurare una buona trasmissione della politica monetaria in tutta l’area. Spetta alla Banca centrale europea assicurare la stabilità dei prezzi e quindi sostenere l’economia in caso di necessità. Per questo abbiamo approvato un programma eccezionale, il nostro programma di acquisto per l’emergenza pandemica o PEPP (pandemic emergency purchase programme), il quale in effetti non aveva limiti. A oggi abbiamo destinato 1.500 miliardi di euro al sostegno dell’economia, al fine di assicurare la trasmissione della politica monetaria in tutta l’area dell’euro e di mantenere la stabilità dei prezzi.

Signora Lagarde, mi piacerebbe sapere il Suo parere su questo aspetto. I paesi occidentali hanno speso in aiuti fiscali credo una cifra tipo 6.000 miliardi di dollari. Però perché l’intera comunità globale non è riuscita a mettere insieme 50 miliardi di dollari per le vaccinazioni nei paesi a basso reddito, dove a oggi solo il 2% della popolazione è vaccinata. Perché si trovano 6.000 miliardi in aiuti fiscali e non se ne trovano 50 per combattere, tra l’altro, un virus che ci sta ritornando adesso in forma nuova proprio dall’Africa. Non è stato un peccato di ingenuità da una parte e anche di superbia, di egoismo?

Penso che questa crisi ci abbia ormai insegnato che una variante che si sviluppa in Botswana e che viene scoperta in Sudafrica può arrivare in poche ore nei Paesi Bassi, in Francia, in Italia, in Belgio o a Hong Kong. Questo virus non conosce confini, a conferma del principio di cui parlavo prima, che non saremo protetti finché non saremo tutti vaccinati. So che l’Italia è in prima fila in questa battaglia e vi ammiro molto per questo. Fortunatamente, al G20 tenuto a Roma circa un mese fa, sotto la Presidenza italiana, è stato adottato il principio di vaccinare, in tutti i paesi del mondo, il 30% della popolazione entro la fine del 2021 e il 70% entro la metà del 2022. Si tratta di impegni che dovranno essere monitorati attentamente per garantire che dalle parole si passi ai fatti. Poiché non basta dire “faremo”, dobbiamo stanziare i 50 miliardi di euro, che sono una goccia nel mare del sostegno fiscale e di bilancio sinora messo a disposizione. Bisogna garantire la logistica, l’attuazione e in ultimo assicurare che vengano effettuate le vaccinazioni in ogni paese. E dobbiamo andare oltre. In alcuni paesi è anche necessario creare centri di analisi per individuare le mutazioni del virus il più rapidamente possibile e intervenire con i vaccini.

C’è il problema proprio fisico dell’ultimo chilometro, cioè portare a destinazione in luoghi difficili da raggiungere la vaccinazione.

Sì, ma dato che le grandi aziende di distribuzione riescono a effettuare trasporti fino all’ultimo chilometro, credo che lo si possa fare anche con il vaccino.

Assolutamente sì, è bello sentirglielo dire, grazie, ci conforta molto. Tra l’altro una buona notizia è che la reazione al COVID è stata immediatamente solidale. È stata anzi immediata e anche solidale da parte dell’Unione europea. Al tempo stesso invece per anni l’Unione europea è stata molto severa sullo sforamento dei parametri, anche lo 0,1 sembrava che fosse la fine del mondo, persino dopo la crisi greca. Ecco, che cosa è successo? Perché improvvisamente c’è stato questo cambio?

Credo che ci sia stata una presa di coscienza collettiva del fatto che eravamo tutti sulla stessa barca chiamata Europa. E che a fronte di una tale tragedia non potevamo dare risposte nazionali, egoiste e orientate al mero rigore. È doloroso, ma penso che quello che è successo nel nord Italia a fine febbraio e inizio marzo del 2020, e che tutta Europa ha visto in televisione, sia stato un fattore decisivo per una presa di coscienza dell’opinione pubblica che fino ad allora non era pronta. Le immagini in diretta del dramma che ha colpito la provincia di Bergamo e le aree del nord Italia hanno aperto gli occhi di tutti. E poi c’è stata la saggezza di alcuni leader europei, penso in particolare ad Angela Merkel, che anche in questo caso ha compreso che tutti i paesi d’Europa, non solo quelli che soffrivano, dovevano reagire insieme.

Tra l’altro ecco, dopo l’uscita di Angela Merkel, Lei si aspetta che la posizione della Germania verso la Sua politica monetaria espansiva possa diventare più critica?

Non voglio esprimermi sul prossimo governo tedesco, però osservo una cosa: i leader tedeschi – non parlo della stampa o dell’opinione pubblica, ma dei leader tedeschi – sono sempre stati molto rispettosi dell’indipendenza della Banca centrale europea. È sempre stato così sin dai tempi del mio illustre predecessore Mario Draghi, che aveva con i leader, compresi quelli tedeschi, un rapporto di collaborazione, che io ho l’onore di proseguire. E questa indipendenza viene sempre rispettata.

Lei è preoccupata di questo aumento dei contagi rispetto proprio alla ripresa economica europea? La preoccupa?

Ritengo che il 2021 non risentirà delle misure che iniziano a essere adottate nei vari paesi. Naturalmente esiste un rischio per l’evoluzione della ripresa l’anno prossimo. Penso che abbiamo imparato molto e conosciamo il nostro nemico. Sappiamo di quali strumenti abbiamo bisogno e quali precauzioni dobbiamo prendere. Per la stragrande maggioranza le nostre popolazioni sono vaccinate, cominciano a esserci cure terapeutiche; tutti sappiamo che sono necessarie cautele e che la responsabilità ricade su ciascuno di noi, su di lei, su di me, su ogni singolo cittadino. E penso inoltre che siamo meglio attrezzati per rispondere al rischio di una quinta ondata, o della variante Omicron.

Secondo Lei è fantascienza immaginare, oltre la politica europea monetaria, anche una politica fiscale europea?

Desidero condividere con voi quello che abbiamo constatato con il programma europeo a cui è stato dato il nome di “NextGenerationEU”. Quando è stato adottato nel luglio del 2020, ha dato un segnale incredibile, di una risposta comune, di una determinazione europea e della volontà di compensare i sacrifici e le sofferenze di alcuni paesi con la generosità della collettività. Penso quindi che abbiamo tutti una responsabilità molto grande, tutti quanti, gli italiani, i francesi, tutti gli europei, di eseguire bene questo piano, di fare le riforme, di investire nelle economie verdi, nell’economia digitale, per dimostrare a chiunque sia un po’ cinico o un po’ scettico quello che gli europei tutti insieme sono in grado non solo di decidere, ma anche di realizzare. E per quanto mi riguarda nutro molta speranza che questo messaggio sarà accolto e messo in pratica.

Signora Lagarde, l’Europa non è solo, non può essere solo un mercato comune, deve anche significare condivisione di valori, di diritti, i più importanti dei quali sono nati proprio in Francia, peraltro. Ecco, quello che però stiamo vedendo al confine tra Polonia e Bielorussia sembra essere invece la negazione totale di tutti i diritti fondamentali su cui si basa l’Unione europea.

È chiaro che il pilastro europeo che poggia sullo Stato di diritto, sui principi democratici fondamentali, sui diritti umani deve prevalere sugli egoismi e sugli stratagemmi a cui ricorrono alcuni per far avanzare determinate posizioni politiche. Mi auguro che gli europei siano in grado di dare una risposta comune e, in particolare, di dimostrare solidarietà con la Polonia per una reazione umanitaria alla tragedia che si sta consumando ai suoi confini.

Papa Francesco, che secondo me è un grande intellettuale di cuore, ha invocato proprio un cambiamento profondo nel modo in cui il sistema dell’economia funziona. Proprio ha detto che è il caso di rimettere al centro l’uomo, la sua dignità e i suoi bisogni, le sue necessità. L’economia al servizio dell’uomo e non viceversa. Dal Suo punto di vista, quali correzioni, secondo Lei, sarebbero possibili, non soltanto auspicabili, ma proprio possibili. Cioè ci sono delle cose che concretamente potremmo cambiare?

Sono molto sensibile al messaggio pontificio e nutro una grande ammirazione per la forza intellettuale di Papa Francesco, con il quale ho dialogato in varie occasioni della necessità di rimettere l’Uomo al centro del sistema, ponendo la finanza al servizio dell’economia e incentrando l’economia sull’Uomo. È con le azioni che si può dare prova del cambiamento. Credo che se i paesi riusciranno tutti insieme a dare una risposta comune alla pandemia, nei paesi più poveri, nei paesi dell’Africa, facendo in modo che tutti abbiano accesso alla vaccinazione e alle cure, così come ci siamo battuti per l’AIDS in particolare, e se lo faremo collettivamente e con generosità, questo sarà un piccolo gesto a dimostrazione del fatto che il destino degli esseri umani ci sta più a cuore delle royalties che entrano nelle casse dei titolari dei brevetti. Lo dico pensando al dibattito che infuria attualmente all’OMC (Organizzazione mondiale del commercio), dove l’intenzione di agevolare le vaccinazioni attraverso la liberalizzazione dell’accesso ai brevetti è una questione molto controversa e molto complessa. La mia speranza è che si arrivi al risultato.

Anche il Presidente Biden si è espresso recentemente in questo senso, mi pare un incoraggiamento molto importante, insomma. Una domanda che riguarda l’Italia, perché siamo rimasti stupiti, perché Standard & Poor’s ha rialzato l’outlook del nostro paese da Stabile a Positivo. A cosa attribuisce Lei questo cambio di giudizio, a che cosa attribuisce questo innalzamento del rating?

Ci possono anche essere buone notizie! Credo che l’attuale risultato economico sia evidente. L’Italia ha profondamente risentito della pandemia; è stata uno dei paesi più colpiti in Europa con una contrazione dell’economia del 9%. Oggi registra invece una crescita superiore al 6%; si parla del 6,5-6,6%. Questa è chiaramente una risposta forte alla crisi. A mio avviso, inoltre, le riforme ora decise con un testo di legge, che andrà sviluppato, adottato e applicato, hanno i requisiti per convincere le agenzie di rating che l’Italia è sulla buona strada.

Signora Lagarde, giovedì scorso è stata la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Lei sulla disuguaglianza di genere è ingaggiata da sempre, perché per una donna che raggiunge il successo ce ne sono tante altre che invece, pur meritandolo, se lo vedono precluso. Nelle banche e nel mondo, solo il 3% degli amministratori delegati sono donne, e in Europa le cose vanno un po’ meglio, ma le donne sono meno del 9%. Anche qui, che cosa si può fare concretamente? Le quota rosa fissate per legge, secondo Lei, in alcuni Paesi, sono una buona soluzione, o le cose dovrebbero andare in un altro modo ancora, cioè, o la crisi culturale precede tutto il resto?

Questa è una delle soluzioni, ma occorre muoversi in più direzioni. È necessario introdurre sistemi che consentano alle famiglie di avere figli e alle donne di svolgere il proprio lavoro, portando avanti l’attività professionale. Gli uomini devono sostenere le donne che vogliono impegnarsi nella vita professionale; padri e madri, uomini e donne, devono farsi carico in pari misura delle incombenze familiari. I congedi di maternità, o meglio i congedi parentali, devono essere disponibili in egual modo per uomini e donne. È evidente che occorrono misure per sostenere l’istruzione, anche a livello universitario, per le donne. Presso la Banca centrale europea sono state istituite borse di studio per consentire alle giovani che desiderano intraprendere studi economici di disporre di mezzi finanziari adeguati. Le aziende e le banche possono fare altrettanto; devono farlo. Poi è necessaria una misurazione, perché se non misuriamo, né con quote né con obiettivi, non otterremo il risultato. Ciò che non si misura non viene fatto, è risaputo. Dobbiamo quindi essere scrupolosi, dobbiamo verificare, analizzando nel dettaglio le cifre. Non possiamo limitarci a dire “avremo il 50% di donne”, perché puntualmente abbiamo l’80% di donne nelle mansioni più basse e il 3% ai vertici. Quello che va fatto, sempre e ovunque, è assicurarsi che le nostre azioni vengano misurate.

Prima di lasciarla volevo farle ancora una domanda, ma ricordo al pubblico che Lei domani sera a Torino sarà presente a una conferenza organizzata dalla Fondazione Agnelli e dal Collegio Carlo Alberto nell’ambito dell’Accademia Nazionale dei Lincei e il nostro Presidente della Repubblica Mattarella dice che bisogna assolutamente impegnarsi a vincere la sfida contro l’antiscienza, ed è questo il motivo per il quale Lei sarà presente domani. Ma volevo chiudere invece con una curiosità. Una volta a chi Le aveva chiesto che cosa l’aveva aiutata di più nella Sua ascesa professionale, Lei ha risposto: l’amore. In che senso l’amore? Quale amore?

L’amore in senso lato, ossia l’amore della famiglia, l’amore del coniuge, l’amore dei figli, l’amore degli amici, tutto il flusso di affetto, tenerezza, fiducia, che ci viene donato. Penso che quando si ha, come ho avuto io, la fortuna di avere quell’amore, si acquista fiducia. In questo modo siamo più pronti a correre rischi, abbiamo meno dubbi, perché sappiamo che se corriamo un rischio, se cadiamo, se falliamo, ci sarà sempre qualcuno che ci amerà abbastanza forte, che verrà a prenderci per mano e ci aiuterà a guardare oltre. Penso che, per avere successo, abbiamo bisogno di un po’ di ambizione e di molto impegno, energia e fiducia. Ma la fiducia si costruisce solo sull’amore. Ecco perché penso che l’amore sia molto importante e sia stato importante per me.

Grazie, Signora Lagarde. È stato un grande, grande piacere conoscerla.

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