- INTERVENTO
Un impegno per la ripresa
Intervento di Fabio Panetta, Membro del Comitato esecutivo della BCE, al Rome Investment Forum 2020
Roma, 14 dicembre 2020
Il 2020 è stato per l’Europa un anno del tutto eccezionale, in cui abbiamo affrontato una recessione senza precedenti in tempo di pace: nei primi sei mesi dell’anno il prodotto dell’area dell’euro si è contratto di oltre il 15 per cento. Ma abbiamo assistito a una reazione comune anch’essa senza eguali nella storia dell’unione monetaria. Una reazione che ha evitato una depressione economica potenzialmente catastrofica. E ora, con le notizie positive sui vaccini, iniziamo finalmente a intravedere la luce in fondo al tunnel.
Ma non siamo ancora fuori dal tunnel. Il prossimo anno sarà anch’esso probabilmente segnato dalla pandemia, da incertezze elevate e da vulnerabilità diffuse di famiglie e imprese. Il modo in cui l’economia europea emergerà dalla crisi dipenderà da come affronteremo questa transizione.
Soprattutto in questa fase di passaggio, in cui si può scorgere la fine della pandemia, va data certezza agli investitori, ai consumatori. Le politiche economiche devono fornire stimolo all’economia, per sostenere e consolidare la ripresa.
Le opportunità offerte dalle politiche economiche espansive in atto vanno utilizzate al meglio. Dobbiamo aumentare gli investimenti produttivi, rilanciando per questa via l’economia europea. Solo così potremo riemergere dalla crisi con un’economia più forte e con un onere del debito più sostenibile.
Uno shock comune, una risposta comune
La pandemia di coronavirus (COVID-19) ha determinato uno shock comune ma con effetti asimmetrici[1]. Alcune economie e alcuni settori hanno sofferto più di altri.
Ciò che però ha maggiormente contraddistinto questa crisi, differenziandola da quelle precedenti, è l’emersione di una risposta comune da parte delle autorità europee, la consapevolezza di dover contrastare uno shock comune con politiche anch’esse comuni[2].
Sin dallo scoppio della pandemia la politica monetaria e quella di bilancio si sono rafforzate a vicenda. La Banca centrale europea (BCE) ha effettuato interventi che hanno stabilizzato i mercati, evitando un inasprimento delle condizioni finanziarie. A loro volta, le politiche di bilancio hanno conferito vigore alla politica monetaria, intervenendo a difesa dei redditi del settore privato e consentendo alle banche di sostenere l’economia reale. Le misure decise a livello europeo – in particolare la politica monetaria della BCE e gli interventi fiscali decisi dall’Unione europea (UE) – hanno generato un dividendo europeo.
La crisi è stata gestita in modo diverso rispetto al passato. Anche grazie a questo cambiamento, l’economia dell’area dell’euro ha registrato un forte recupero già nei mesi estivi, quando sono state allentate le misure di contenimento dei contagi.
La ripresa si è interrotta nei mesi più recenti, a causa del nuovo aumento delle infezioni. In base alle proiezioni dell’Eurosistema, nell’area dell’euro il PIL si contrarrà di oltre il 2 per cento nel quarto trimestre del 2020 e del 7,3 per cento nell’intero anno. Nel 2021 la crescita sarà del 3,9 per cento, inferiore di 1,1 punti percentuali rispetto a quella prevista a settembre.
L’inflazione resterà a lungo contenuta: essa è attualmente negativa, e dovrebbe salire ad appena l’1,1 per cento nel 2022 e all’1,4 nel 2023; al netto delle componenti più volatili, sarà pari all’1,2 per cento nel 2023. Il basso livello dell’inflazione riflette la debolezza della domanda che si profila nel prossimo biennio, con conseguenze di rilievo per le politiche d’investimento delle imprese, il tema al centro di questo incontro.
Alla luce dell’elevata incertezza, della debolezza della domanda e delle vulnerabilità di natura finanziaria[3], non sorprende la riluttanza delle imprese ad avviare nuovi progetti di investimento. Secondo una recente indagine della Banca europea per gli investimenti (BEI), oltre l’80 per cento delle imprese europee considera l’incertezza il principale ostacolo agli investimenti; la quota raggiunge il 96 per cento in Italia[4]. Non stupisce quindi il fatto che, alla fine del terzo trimestre, gli investimenti totali nell’area dell’euro fossero inferiori del 10 per cento circa rispetto ai livelli pre-crisi; alla stessa data i consumi e il PIL erano più bassi rispettivamente del 4,6 e del 4,3 per cento.
Figura 1 - Investimenti delle imprese, consumi privati e PIL nell’area dell’euro
In questa fase la sfida per le politiche economiche è quella di rassicurare gli operatori e stimolare gli investimenti produttivi[5].
Non sappiamo quando i vaccini diverranno disponibili su larga scala o come i cittadini risponderanno alla loro somministrazione. Possiamo però impegnarci a sostenere con forza la ripresa, mantenendo l’intonazione espansiva delle politiche in atto fintantoché non emergerà una ripresa solida e duratura. Per poter accrescere gli investimenti, le imprese devono poter contare su costi di finanziamento a lungo contenuti, in grado favorire la sostenibilità dei debiti. La politica monetaria deve pertanto mitigare eventuali timori circa l’evoluzione delle condizioni di finanziamento nei mesi a venire.
Questo è esattamente ciò che il Consiglio direttivo della BCE ha fatto la settimana scorsa.
Il contributo della BCE: preservare condizioni di finanziamento favorevoli
Sin dall’inizio della crisi la BCE ha adottato politiche monetarie volte ad assicurare favorevoli condizioni di finanziamento a tutti i settori economici.
A marzo abbiamo avviato il Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (pandemic emergency purchase programme, PEPP), nell’ambito del quale alla fine di novembre avevamo già acquistato titoli pubblici e privati per circa 700 miliardi di euro. Grazie ai nostri interventi, quasi tutti gli emittenti pubblici dell’area dell’euro possono oggi finanziarsi a tassi negativi su scadenze fino a cinque anni; i tassi sulle obbligazioni private sono anch’essi diminuiti in misura significativa.
I nostri acquisti di titoli sono stati accompagnati da un allentamento delle condizioni relative alle operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (TLTRO). Mediante queste operazioni, negli ultimi sei mesi sono stati concessi alle banche finanziamenti a tassi molto favorevoli per oltre 1.300 miliardi di euro, a condizione che gli intermediari non facessero mancare il sostegno creditizio all’economia reale. Le TLTRO si sono rivelate un potente strumento di sostegno finanziario alle piccole e medie imprese (PMI), generalmente dipendenti dal credito bancario.
Le nostre misure consentono a famiglie, imprese e governi di beneficiare, in tutta l’area dell’euro, di condizioni di finanziamento molto accomodanti.
Per dare continuità a queste politiche e fornire certezza al sistema economico, la BCE garantirà anche in futuro condizioni di finanziamento assai favorevoli. A tal fine, la scorsa settimana abbiamo deciso di rafforzare i nostri interventi di politica monetaria.
Abbiamo innanzi tutto incrementato la dotazione del PEPP di 500 miliardi di euro, a un totale di 1.850 miliardi, e abbiamo esteso l’orizzonte degli acquisti netti fino ad almeno il mese di marzo del 2022[6]. Questa ingente dotazione ci conferisce un’ampia capacità d’intervento; ci permette di reagire in modo flessibile e con la forza necessaria a un eventuale, prematuro inasprimento delle condizioni di finanziamento in grado di ostacolare il ritorno dell’inflazione al nostro obiettivo del 2 per cento nel medio termine.
Abbiamo inoltre esteso le favorevoli condizioni delle TLTRO fino al giugno del 2022, ampliando lo spazio per il loro utilizzo a disposizione degli intermediari. Ciò contribuirà ad attenuare i timori di un irrigidimento delle condizioni finanziarie che emergono dalla nostra indagine sull’accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese[7].
Se necessario al fine di migliorare le prospettive d’inflazione, la dotazione e la durata del PEPP possono essere ampliate. Siamo pronti a rivedere la calibrazione di tutti gli strumenti a nostra disposizione qualora le prospettive dell’inflazione siano offuscate da rischi al ribasso, inclusi quelli derivanti dall’evoluzione del tasso di cambio dell’euro. Un apprezzamento del cambio potrebbe infatti incidere in misura significativa sull’inflazione nell’area[8].
Non vi devono essere dubbi: la BCE non accetterà livelli d’inflazione incompatibili con il suo obiettivo. È per questo che siamo intervenuti e che continueremo a fornire all’economia europea lo stimolo monetario necessario per spingere il tasso di inflazione verso l’obiettivo del 2 per cento nel medio termine.
Il nostro impegno a preservare condizioni di finanziamento favorevoli contribuirà a rafforzare la dinamica dei prezzi soprattutto in due modi.
Innanzitutto, in una fase di incertezza ancora elevata, in cui il settore privato è restio ad assumere rischi, la politica di bilancio rappresenta il principale strumento di intervento anticiclico, nonché un fondamentale canale di trasmissione degli impulsi di politica monetaria[9]. Un’attenuazione dei timori circa l’evoluzione delle condizioni di finanziamento nei prossimi mesi consente di eliminare ostacoli che potrebbero impedire alla politica di bilancio di svolgere appieno il suo ruolo di stabilizzazione.
Con il diradarsi dell’incertezza, la politica monetaria tornerà a esercitare i suoi effetti in misura crescente per il tramite del settore privato; le imprese potranno beneficiare delle favorevoli condizioni di finanziamento e avviare nuovi propri progetti d’investimento. È questo il secondo canale attraverso cui verrà trasmessa la nostra politica monetarie espansiva: un canale che diverrà più forte nel tempo grazie all’impegno della BCE a mantenere a lungo condizioni di finanziamento favorevoli.
Un tale impegno è volto a stimolare il ritorno dell’inflazione verso livelli coerenti con il nostro obiettivo nel medio termine. Tenuto conto delle nostre proiezioni – in base alle quali l’inflazione nel 2023 salirebbe, anche nello scenario più favorevole, al più all’1,5 per cento – le condizioni di finanziamento dovranno rimanere favorevoli anche quando l’economia tornerà a crescere. In quella fase la politica monetaria diverrà pertanto più accomodante in relazione alle prospettive di crescita.
Data la prolungata fase di bassa inflazione, ben al di sotto del nostro obiettivo di medio termine, registrata negli anni passati, un progressivo aumento della dinamica dei prezzi verso il 2 per cento è essenziale per ancorare le aspettative di inflazione.
Investire nella ripresa in Europa
Le imprese hanno bisogno di certezze non solo sulle condizioni di finanziamento, ma anche sulle prospettive della domanda e dell’attività economica.
Per portare l’economia fuori dalla crisi i governi dovranno avvalersi in modo lungimirante dei margini di spesa resi disponibili dalla nostra politica monetaria e dagli interventi decisi in ambito europeo, quale il ricorso diretto all’indebitamento da parte dell’Unione europea. Il solo pacchetto Next Generation EU finanzierà interventi fiscali pari a circa il 5 per cento del PIL dell’area dell’euro, orientandoli soprattutto in favore delle economie più colpite dalla pandemia, come quella italiana.
Tutti i paesi usciranno dalla crisi con debiti pubblici e privati significativamente più alti; per garantirne la sostenibilità è cruciale conseguire tassi di sviluppo dell’economia superiori ai tassi di interesse.
A tal fine, le politiche di bilancio devono concentrarsi su progetti d’investimento di alta qualità, in grado di innalzare la crescita potenziale.
Negli ultimi decenni, in molte economie europee la capacità di crescere si è affievolita. L’intensità di capitale ha ristagnato, contribuendo a comprimere la produttività[10]. Al fine di rafforzare la sostenibilità del debito questa tendenza va invertita[11].
Figura 2 - Crescita della produttività del lavoro e scomposizione
I fondi del Next Generation EU forniscono un’occasione unica per espandere gli investimenti nei settori in grado di alimentare maggiormente la produttività e l’occupazione.
I guadagni potenziali sono ampi. Secondo nostre stime, le risorse messe a disposizione dal Next Generation EU possono innalzare il PIL reale dell’area dell’euro, rispetto al suo andamento di fondo, fino a 1,5 punti percentuali entro il 2026. L’efficienza nell’uso dei fondi e la qualità del contesto istituzionale rivestono un ruolo fondamentale al fine di trarre i massimi benefici dagli interventi.
Per l’Italia, nello stesso intervallo i guadagni possono essere ancora più elevati: se ben utilizzate, le risorse del Next Generation EU possono incrementare il PIL fino a un massimo di 3,5 punti percentuali. La componente a fondo perduto può comprimere il rapporto tra debito pubblico e PIL di oltre 5 punti[12].
I guadagni massimi potranno essere ottenuti orientando la spesa per investimenti in favore delle tecnologie e dei settori destinati a trainare l’attività produttiva dopo la crisi[13].
Più della metà delle imprese europee prevede di far maggior ricorso alle tecnologie digitali anche dopo la pandemia[14]. Per affrontare la sfida tecnologica che si profila sarà necessario – soprattutto in alcuni paesi – affinare le competenze e le infrastrutture digitali. Nell’area dell’euro la quota dei cittadini dotati almeno di conoscenze informatiche di base varia tra un massimo del 79 per cento nei Paesi Bassi e un minimo del 42 in Italia[15].
I fondi del Next Generation EU possono contribuire in misura determinante a migliorare le conoscenze tecnologiche. Un avanzamento in tal senso consentirebbe a tutti i paesi di trarre vantaggio da questa trasformazione e ridurrebbe una delle principali fonti di divergenza tra le economie europee[16].
Al fine di accelerare la digitalizzazione dell’economia, i fondi europei possono essere utilizzati per ampliare l’accesso on-line ai servizi delle amministrazioni pubbliche. Il margine di manovra per i conti pubblici creato dal Next Generation EU può essere inoltre utilizzato per migliorare la formazione e l’istruzione in campo digitale.
In passato le pandemie hanno determinato un impulso all’innovazione. Ricerche recenti mostrano che le politiche adottate durante la pandemia influenzale del 1918 fornirono stimolo alla successiva fase di innovazione[17]. Non vi è alcun motivo che impedisca oggi di fare altrettanto.
Non dobbiamo però dimenticare che la digitalizzazione, favorendo fortemente coloro che sono dotati di elevate competenze, rischia di accentuare le diseguaglianze. Già in questa fase di transizione dobbiamo pertanto tenere conto delle implicazioni sociali della ridistribuzione di reddito e di ricchezza in favore dei settori e dei gruppi maggiormente digitalizzati[18].
Nell’area dell’euro gli investimenti in campo ambientale, volti a favorire la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio costituiranno un elemento fondamentale della fase di uscita dalla crisi. L’Italia non deve rimanere indietro in questo campo.
Conclusioni
Lo shock provocato dal coronavirus può rappresentare un punto di svolta per l’Europa. Gli accordi raggiunti nei mesi scorsi dai leader europei testimoniano la nitida percezione dei vantaggi di una risposta comune europea alle sfide poste dalla crisi.
L’impegno comune europeo va ora proseguito, al fine di rassicurare i cittadini circa l’attuazione delle politiche necessarie per consolidare e rafforzare la ripresa produttiva.
Per collocare l’economia su un sentiero di crescita elevata e sostenibile, in grado di spingere l’inflazione verso il nostro obiettivo, le politiche monetaria e di bilancio dovranno rimanere a lungo espansive. Le politiche fiscali devono privilegiare gli investimenti produttivi, al fine di innalzare la crescita potenziale.
Dobbiamo resistere alla tentazione di intraprendere scorciatoie dense di pericoli. Solo la crescita, e non l’alchimia finanziaria, può garantire la sostenibilità del debito e creare le condizioni per un futuro di prosperità.
- Lagarde, C. (2020), “Monetary policy in a pandemic emergency”, intervento di apertura in occasione dell’ECB Forum on Central Banking, 11 novembre, e Panetta, F. (2020), “Asymmetric risks, asymmetric reaction: monetary policy in the pandemic”, intervento alla riunione del Money Market Contact Group della BCE, 22 settembre.
- Panetta, F. (2020), “Perché una risposta comune europea delle politiche di bilancio è nell’interesse di tutti”, contributo pubblicato da Politico, 21 aprile.
- L’Indagine sull’accesso al credito delle imprese dell’area dell’euro (Survey on the Access to Finance of Enterprises, SAFE) condotta dalla BCE mostra un aumento del numero di imprese rese vulnerabili da profitti e fatturati più bassi, spese per interessi più elevate e rapporti fra debito e attività in crescita. Cfr. la Survey on the Access to Finance of Enterprises in the euro area - April to September 2020, 24 novembre 2020.
- L’indagine annuale EBIS della BEI (EIB Group Survey on Investment and Investment Finance) raccoglie informazioni qualitative e quantitative sulle attività d’investimento di circa 12.000 imprese nell’Unione europea.
- Ridurre l’incertezza è fondamentale per l’efficacia dello stimolo di politica economica, poiché la reattività delle imprese a un dato stimolo può essere molto più debole in periodi di elevata incertezza. Cfr. Bloom, N., Bond, S. e Van Reenen, J. (2007), “Uncertainty and Investment Dynamics”, The Review of Economic Studies, vol. 74, n. 2, aprile, pagg. 391-415.
- Il Consiglio direttivo ha inoltre deciso di estendere almeno fino alla fine del 2023 il periodo di tempo entro il quale sono reinvestiti i fondi derivanti dal rimborso dei titoli acquistati nell’ambito del PEPP.
- Secondo l’ultima indagine SAFE, le PMI si attendono un deterioramento della disponibilità di gran parte delle fonti esterne di finanziamento nei prossimi sei mesi.
- Il tasso di cambio effettivo nominale dell’euro nei confronti delle valute di 42 partner commerciali selezionati si è già apprezzato del 5,9 per cento nel quarto trimestre del 2020 rispetto al livello medio del primo trimestre dello stesso anno. Questa dinamica ha già influito notevolmente sulle proiezioni relative all’inflazione nel 2021 e nel 2022.
- Per evitare trappole della liquidità autorealizzanti, come suggeriscono gli studi svolti, la politica monetaria e la politica di bilancio dovrebbero integrarsi a vicenda, consentendo che la risposta dell’autorità di bilancio alle variazioni delle condizioni economiche sia sufficientemente elastica, di modo che la spesa pubblica possa essere incrementata dell’ammontare necessario a compensare gli effetti macroeconomici del calo di fiducia nel settore privato. Cfr. Nakata, T. e Schmidt, S. (2019), “Expectations-driven liquidity traps: implications for monetary and fiscal policy”, Working Paper Series, n. 2304, BCE, e Schmidt, S. (2017), “Fiscal Activism and the Zero Nominal Interest Rate Bound”, Journal of Money, Credit and Banking, vol. 49, n. 4, pagg. 695-732.
- BCE (2017), “The slowdown in euro area productivity in a global context”, Bollettino economico, numero 3 (disponibile in italiano nel sito della Banca d’Italia). Ciò non riguarda soltanto l’area dell’euro. Nell’ultimo decennio, la debolezza degli investimenti è stata la principale determinante della minore crescita della produttività nelle economie avanzate. Cfr. Dieppe, A. (a cura di) (2020), Global Productivity: Trends, Drivers and Policies, Banca mondiale.
- Panetta, F. (2020), op. cit.
- Le stime riportate nel testo si riferiscono a uno scenario ideale in cui i fondi sono interamente utilizzati per finanziare investimenti produttivi.
- Anderton, R. et al. (2020), “Virtually everywhere? Digitalisation and the euro area and EU economies”, Occasional Paper Series, n. 244, BCE, giugno.
- Banca europea per gli investimenti (2020), EIB Group Survey on Investment and Investment Finance.
- Eurostat (2020), Survey on ICT usage in households and by individuals.
- Gräbner, C., Heimberger, P., Kapeller, J. e Schütz, B. (2020), “Is the Eurozone disintegrating? Macroeconomic divergence, structural polarisation, trade and fragility”, Cambridge Journal of Economics, vol. 44, n 3, pagg. 647-669.
- Berkes, E. et al. (2020), “Lockdowns and Innovation: Evidence from the 1918 Flu Pandemic”, NBER Working Paper Series, n. 28152, National Bureau of Economic Research, novembre.
- Basso, G. et al. (2020), “The new hazardous jobs and worker reallocation”, OECD Social, Employment and Migration Working Papers, n. 247.
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